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Il bambino che non aveva mai visto il mare

Giugno 1960.
In quell'anno i miei genitori avevano deciso di mandarci, mio fratello ed io, alla colonia montana. La colonia si trovava ad Auronzo ed il soggiorno era offerto dall'azienda presso la quale mio padre lavorava in qualita' di operaio. Insieme a mia madre andammo in un negozio a ritirare il completino, pantaloncini corti colore blu e camicetta a quadrettini blu e bianchi. Mi madre cuci' su ogni capo di abbigliamento dei numeri ( io avevo il 44 e mio fratello il 45) per la cernita dei capi in lavanderia. Con mio padre andammo invece in un negozio a ritirare le "scarpe di gomma" (a quel tempo di scarpe da tennis non se ne sentiva ancora parlare). Il giorno stabilito mio padre ci porto' alla stazione, dove fummo affidati all'assistente sociale del'azienda, che era incaricata di accompagnarci a destinazione insieme a tutti gli altri bambini. A distanza di tanti anni ricordo poco dell'interminabile viaggio. Ricordo solo che dopo una notte di viaggio, giunti in una stazione, penso Treviso o Mestre, le nostre carrozze vennero attaccate ad una locomotiva a vapore che inizio' sbuffando e fischiando il suo percorso verso Calalzo. Qui c'erano ad aspettarci diverse corriere che ci accompagnarono in colonia, dove potemmo finalmente fare una bella colazione.
La colonia era gestita dai salesiani che ci facevano giocare e ci portavano a fare belle passeggiate nei boschi. Una volta alla settimana ci venivano a prendere in pullman e ci portavano a visitare alcune belle località che non potevamo sicuramente raggiungere a piedi. Ricordo Cortina, Misurina, e le Tre Cime di Lavaredo.
I quegli anni l’Italia si era scrollata di dosso le macerie della guerra e stava intraprendendo il cammino che l’avrebbe portata in pochi anni al famoso “boom economico”. Nelle città ed in molte zone il benessere cominciava a farsi sentire , ma in queste valli, allora sperdute fra i monti vi era ancora molta povertà. Il turismo era praticamente assente e solo pochi facoltosi potevano permettersi una vacanza lussuosa nei pochi alberghi di Cortina. Le strade erano deserte, pochissime auto vi transitavano. Vi era poco lavoro. Gli inverni erano lunghi e freddi e d’estate vi erano le bestie da accudire, da tagliare il fieno e la legna e coltivare quel poco di orto per le necessità familiari.
Nelle vicinanze vi erano alcune baite ed i bambini del posto erano ospitati durante il giorno presso la colonia. Arrivavano al mattino di buon’ora facevano colazione, poi stavano con noi fino a sera. Erano lì per giocare, per socializzare con bambini di altre realtà sociali, ma sicuramente anche per un buon pasto caldo..
Feci subito amicizia con uno di loro, si chiamava Celestino. Nome inusuale che ricordo molto bene perché anche un amico di mio padre si chiamava così. Con Celestino, come con gli altri bambini, giocavo e parlavo di tante cose. Una cosa mi colpì molto, mi pareva molto strana, anche se del tutto ovvia: non aveva mai visto il mare. Finito il periodo tornammo tutti a casa, e Celestino tornò nella sua baita, con i suoi genitori.
Luglio 2013.
Insieme a Barbara sto scendendo dal rifugio Galassi. Si parla di tante cose, compreso di quando ero venuto da queste parti in colonia. Parlo anche di un amichetto di nome Celestino. Mi domando se questa persona è realmente esistita o se è solo il frutto di un’immaginazione persa nel tempo. Sono passati oltre cinquanta anni e potrebbe esser un sogno che con il tempo ho considerato vero. Ma se Celestino non è il frutto di un mia immaginazione, se il ricordo che conservo è vero,  Celestino potrebbe essere qui in giro da qualche parte.
Arrivati al parcheggio ci cambiamo e partiamo in direzione di Auronzo. Ci dirigiamo lungo la strada che conduce a Misurina.  Qui tutto è cambiato. Alberghi e ristoranti ovunque, piccole industrie di ottica, supermercati e negozi di ogni genere. Arrivati nei pressi della colonia cerchiamo qualcuno a cui domandare.  Troviamo due signori, evidentemente del posto, che stavano tagliando della legna. Racconto brevemente la mia storia ed uno di essi mi dice che conosce Celestino, che è vivo e vegeto e che ora si trova ad Auronzo e mi indica come raggiungerlo. Tornati in paese troviamo il posto, una fabbrica di occhiali, ma è vuota, ferma da lungo tempo. Dobbiamo comunque trovare Celestino ad ogni costo. Domandiamo ad un signore in un ufficio vicino e questi ci dice che avremmo trovato Celestino in una piccola fabbrica li  accanto. Troviamo la fabbrica, domandiamo ad un operaio che ci rimanda presso un altro portone. Suoniamo il campanello e poco dopo appare un giovanotto che ci domanda cosa desideriamo:
>Vorremmo parlare col Signor Celestino>
>Chi devo dire?
>Lui non ci conosce, è una storia lunga più di 50 anni>
> Bene . Aspettate qui. >  E scompare su per le scale.
Poco dopo appare un signore. E’ alto, un bell’uomo, aspetto giovanile e volto cordiale.
>Sei Celestino? Domando io
>Si, ma voi chi siete? Domanda meravigliato.
Gli racconto della colonia e del periodo in cui giocavamo assieme.
Sul suo volto stupito riaffiorano i ricordi..
>Ti sei ricordato… dice meravigliato. Ma come hai fatto a ritrovarmi? Anche lui come me è commosso.
Forse non si ricordava di uno di quei bambini con i quali giocava, non ricordava lo stupore di quell’amichetto al quale sembrava impossibile che lui non avesse mai visto il mare. Ora eravamo lì, a stringerci la mano dopo oltre cinquant’anni. Parliamo un po’ di noi, ci guardiamo cercando di riconoscerci. Poi ci salutiamo e torniamo ognuno alla nostra vita.
Oggi Celestino è un piccolo imprenditore, ma per me è sempre il bambino che non aveva mai visto il mare.

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